Attività sportiva

Psicomotricità: un primo approccio dei bambini allo sport

 

Gioco e movimento per prendere consapevolezza di sé: la psicomotricità

Supporto nello sviluppo, la psicomotricità aiuta il bambino a crescere

Dopo alcuni post dedicati alla gravidanza, mi sembrava doveroso scrivere qualcosa anche per le lettrici che mamme lo sono già. Magari per quelle che hanno bimbi dai 2 o 3 anni in poi. Così ho chiesto qualche informazione in più ad Elisa (Zanella), che avrai già conosciuto in qualità di insegnate di Pilates e della quale mi sono avvalsa per completare la scheda dedicata a questo sport. Mi ha parlato di psicomotricità e di sport. Ecco il risultato.

Cos’è la psicomotricità e a chi è indicata

La psicomotricità è una disciplina nata in Francia negli anni ‘60, sviluppata da Bernard Aucouturier e André Lapierre. Aiuta ad armonizzare le diverse aree di sviluppo del bambino e a sviluppare l’equilibrio personale. Consente di mettere in moto contemporaneamente le 3 sfere che costituiscono la personalità, motoria, affettiva, cognitiva, attraverso il movimento e il gioco.

È perfetta dai 2-3 anni ai 6, come primo approccio all’attività sportiva, prima di intraprendere altre discipline ed è fondamentale per lo sviluppo del bambino, poiché sarà la sua base per ogni cosa.

La pratica psicomotoria è molto importante anche per far si che, attraverso l’azione, si sviluppino sane interazioni tra l’essere umano e tutto ciò che lo circonda: non solo le relazioni con altri bambini, quindi, ma anche la percezione dello spazio, del proprio corpo in tale spazio, nell’uso di questo spazio e degli oggetti in esso presenti. Questo perché il linguaggio del corpo nei bimbi è molto più rivelatore e importante rispetto a quanto possono (o sanno) dire.

Attraverso l’attività psicomotoria, dunque, il bimbo si mette in gioco in ogni senso e acquisisce una sua capacità di rappresentarsi agli altri.

La psicomotricità è indicata per tutti i bambini, a maggior ragione per quelli molto timidi e introversi, come per quelli molto vivaci e ipercinetici, un po’ più difficili da gestire.

I benefici della psicomotricità per il tuo bimbo

Proprio perché tocca le diverse aree dello sviluppo, la psicomotricità porta benefici sia dal punto di vista fisico, sia psicologico, sia cognitivo:

  • aiuta il bambino ad acquisire fiducia in se stesso
  • aiuta a migliorare la concentrazione
  • il bambino sviluppa consapevolezza del proprio corpo; sperimenta ed acquisisce lo schema corporeo
  • aiuta il bambino a gestire stress, rabbia, ipercinetica e ad essere più tranquillo e sereno
  • migliora l’approccio relazionale, sia nei confronti degli altri bimbi, che degli adulti
  • migliora la capacità di comunicazione

Come avviene una lezione di psicomotricità?

La “lezione” dura circa un’ora, che è il tempo giusto per fare trovare ai bimbi la concentrazione e perché la possano mantenere. Il tutto si svolge in una dimensione assolutamente di gioco. Vengono svolti degli esercizi che, oltre all’azione pura, uniscono coordinazione, concentrazione, equilibrio, ma anche rilassamento. Questo è importante perché è molto utile e importante per un bambino imparare a “mettersi in pausa”, a rilassarsi, a trovare un momento per concentrarsi su di sé.

Ti stupirebbe sapere come i bambini, pur inconsciamente, riescono a prendere coscienza di sé anche quando sono così piccoli. Guidati nel modo giusto, piano piano imparano a gestire anche questi aspetti e lo fanno in modo sempre più efficace.

Durante la lezione si gioca e fa esercizio con alcuni oggetti, quali: palle, cerchi, corde, bastoni. Sono tutti strumenti tipici dell’attività psicomotoria, perché sono i più adatti a sviluppare le capacità fisiche e cognitive dei bambini. Il fatto che la lezione si svolga in gruppo, poi, apporta l’aspetto socio-emozionale di cui si fa cenno all’inizio di questo post.   

Da parte dell’insegnante, invece, ci deve essere la capacità di creare empatia con i bambini, di accoglienza, nel rispetto dell’individualità e delle capacità di ognuno. L’insegnante deve essere privo di giudizio, ma seguire tutti e aiutare soprattutto i bambini che manifestano delle difficoltà, in modo che possano costruire anch’essi la propria dimensione di fiducia, spazio e autostima.   

Esempio di palestra per l’attività psicomotoria – Centro Irifor – Trentino

Parola di Elisa

Da tanti anni insegno psicomotricità nelle scuole materne e negli asili grazie a una cooperativa. Quando il mio primo bimbo aveva tre anni, essendo molto attivo (forse ha preso dalla mamma) volevo fargli fare sport. Purtroppo, essendo troppo piccolo, avrebbe potuto fare solo acquaticità o nuoto. Così ho pensato di organizzare con la società sportiva dove lavoro un corso pomeridiano di psicomotricità . Ho inserito mio figlio nel gruppo. Lui lo frequenta molto volentieri; è bello vedere come si relaziona  con gli altri bimbi, come sperimenta, come apprende e come cresce. Questa esperienza ha rafforzato molto il nostro rapporto.

Consiglio a tutte le mamme che ne hanno la possibilità di fare sport con i propri figli. Ho scoperto che in molte cose è più bravo di me; la cosa però che più mi fa sorridere è che lui, quando entra in palestra, mi chiami “maestra” e mai “mamma”.

Psicomotricità e sport

Come citato prima, l’attività psicomotoria è un validissimo modo per avvicinare i bambini allo sport, a maggior ragione per quelli che sono troppo piccoli per iniziare a praticare specifiche discipline sportive. A fianco dell’attività in acqua come l’acquaticità, dove il bimbo acquisisce sicurezza in un ambiente a lui molto familiare, la psicomotricità lavora con le 3 dimensioni, con la forza di gravità, per far armonizzare il corpo del bimbo nello spazio intorno a sé.

Soprattutto nella nostra epoca, poi, la psicomotricità si rivela utilissima anche in tenera età. L’abitudine all’utilizzo di smartphone e tablet allontana i bambini dall’esperienza corporea, che è per loro fondamentale per il corretto sviluppo.

Attraverso l’attività psicomotoria, il bambino prende confidenza con il movimento, con le proprie attitudini. Si rende conto di quanto è o meno sciolto, ad esempio, e che l’esercizio lo porta a migliorare. La “sfida” al proprio limite è positiva, perché rende consapevole il bambino del poter fare meglio, per se stesso in primis, godendo così delle prime soddisfazioni personali.

Tutto questo viene vissuto nella dimensione che il bimbo conosce meglio: il gioco. Qui tutto può essere provato, sperimentato. Il corpo diventa il punto di partenza di ogni tipo di comunicazione (verbale e paraverbale) e di relazione con se stesso, gli altri, lo spazio e gli oggetti.

 

 

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4 commenti

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